Le piante della foresta equatoriale. Ecologia forestale.





Le piante della foresta equatoriale. Ecologia forestale.

Un'immensa distesa verde.

Una tale foresta si può sorvolare in aereo per ore e ore, senza che il paesaggio
cambi minimamente: è una estensione continua di verde, sempre uguale, a perdita
d'occhio. Se l'aereo scende a bassa quota si nota tuttavia che la sua parte più alta,
il << tetto >>, non è chiuso, ma discontinuo, essendo formato da grandi alberi,
distanti l'uno dall'altro. Al di sotto si nota però un altro strato, sempre di alti alberi,
a chiome più ravvicinate e, più sotto, se ne distingue un terzo ancora più serrato.
Questo perché la foresta ha una struttura stratificata. Lo strato più alto della vegetazione
raggiunge, da terra, una media di 40 metri, ma spesso tocca e supera i 50m.
Alberi altissimi quindi, non << colonne >> vegetali ma veri << campanili >>, che per
reggersi poggiano su basi larghe e robuste. Il secondo strato va da i 20 ai 30 m di altezza;
il terzo può raggiungere i 15 m. Tra i tronchi degli alberi una persona non può passeggiare
come nei nostri boschi, perché il << fondo >> della foresta è una massa compatta di
vegetazione, un intrico difficilmente descrivibile: alte erbe, arbusti, alberelli.
Il tutto legato strettamente da rampicanti che si inerpicano lungo i tronchi e da liane che
passano da un ramo all'altro. Sul fondo delle foreste equatoriali la luce non arriva, se non
nelle poche ore schiarite dovute alla caduta di qualche albero. Questi vuoti durano poco,
perché altre piante prendono subito il posto con una veloce << spinta >> verso l'alto alla
ricerca del sole. L'umidità è alta sia per la pioggia che cade abbondante sia per l'intensa
traspirazione fogliare. L'acqua evaporata si condensa poi sulle foglie nelle ore meno calde
e determina allora un goccioliò, uno stillicidio come se all'interno della foresta piovesse più
intensamente nei livelli inferiori che in quelli superiori. Le piante cadute, i rami marcescenti,
le foglie morte formano una massa umida nella quale è difficile muoversi. L'esploratore che vi
si inoltra, aprendosi la strada con grande fatica, affonda in questo cumulo di viscidi detriti
quasi al buio, affranto da un senso di angoscia che prende alla gola non solamente l'europeo,
ma gli stessi indigeni.

La foresta vergine.

Una foresta come quella ora descritta viene chiamata, volgarmente, foresta << vergine >> o
<< giungla ><; scientificamente si dice, invece, foresta << primaria >>, per distinguerla dalla
foresta << secondaria >>. Quest'ultima si forma quando la foresta primaria viene distrutta
dall'uomo, come succede soprattutto ai margini, per ricavarne legname o culture.
Gli indigeni intaccano, infatti, la foresta originaria tagliando il sottobosco e bruciando i grandi
alberi; nella piccola radura che si forma costruiscono le capanne e coltivano manioca, banane,
caffè, pepe ecc.. , utilizzando come concime le ceneri delle piante bruciate. Quando poi il
loro campicello è sfruttato al massimo, tagliano la foresta più internamente e si spostano.
A questo punto, dove prima c'era il villaggio, si forma una nuova foresta, diversa, perché i
grandi alberi non si rigenerano. Essa è caratterizzata, all'inizio, da piante pioniere, eliofile
(cioè che si sviluppano bene in piena luce) e a rapida crescita, viventi anche nella foresta
primaria ma con un ruolo poco importante rispetto alle altre piante.

Una grande varietà di specie.

Una grande differenza tra i boschi ai quali siamo abituati e le foreste equatoriali è l'abbondanza
di specie. Nelle foreste africane, per esempio, possiamo trovare, su un'area di poche centinaia
di metri quadrati e considerando solamente gli alberi, anche 120 specie diverse appartenenti
a 60 generi differenti, quindi 2 specie per genere. E se vogliamo calcolare il numero delle
famiglie rappresentate, possiamo enumerarne una quarantina, con una innumerevole varietà
di forme. Ovviamente non ci è possibile descrivere tutte le specie presenti nelle
foreste equatoriali delle varie parti della Terra.
Ci accontenteremo quindi di qualche esempio, scegliendo per le foreste dei diversi
continenti le piante note anche da noi per gli usi che se ne fanno comune,mente.
Foresta equatoriale africana: fornisce in grande abbondanza legni pregiati da ebanisteria
come l'ebano africano, il mogano ed altri dai nomi esotici: dussié, avodiré, bossé, macoré.
Sempre nelle foreste africane sono molto diffuse le piante medicinali ( cola, strofanto ecc..),
quelle velenose (tra cui le liane che contengono stricnina) e l'albero del caucciù.
Foresta equatoriale asiatica: anche qui, come in quella africana, sono presenti piante dal
legname pregiato come il dau, l'apitong, il gurjum e il giam. Altri alberi delle foreste equatoriali
asiatiche sono il mango, che fornisce grossi frutti molto apprezzati per il gusto piacevole, il
cosiddetto << albero del pane >>, che produce frutti molto nutrienti, e numerose piante che
forniscono le << spezie >> ossia la noce moscata, i chiodi di garofano ecc..
Tra le piante erbacee del sottobosco spiccano i banani, molte specie di palme, piante
aromatiche (zenzero e cardamomo )e felci grosse (asplenio, diksonia ecc..) e piccole (platicerio).
E non bisogna dimenticare le orchidee, ricchissime di specie pregevoli.
Foresta equatoriale americana: fornisce, innanzitutto, legni pregiati come il palissandro,
il mogano e il baramalli; a questi bisogna aggiungere l'albero del caucciù e l'albero del cacao.
Nell'America meridionale si trova la foresta equatoriale più estesa del mondo: la sconfinata

 foresta amazzonica, che nasconde nel suo interno anche notevoli risorse minerarie.



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