Antonio Meucci. Scienza.





Antonio Meucci. Scienza.

Nella maggior parte dei libri di fisica stranieri si può leggere che l'inventore
del telefono è il prof. Alessandro Graham Bell di New York.
In realtà le cose non stanno così: l'invenzione di questo apparecchio, divenuto
una delle necessità del nostro tempo, è da attribuirsi all'italiano Antonio Meucci.
La sfortuna, ma soprattutto la cattiveria di alcuni uomini, hanno fatto si che ancora
oggi possa venir negata a questo nostro grande inventore quella gloria che gli
spetta di diritto.

I primi esperimenti.

A quindici anni Antonio Meucci deve già pensare a come guadagnarsi dignitosamente
la vita. Di una cosa è però certo: non cesserà di interessarsi di fisica e di chimica, le
due scienze che più l'attraggono. Ed ecco il primo impiego: un posto di daziere alle
porte di Firenze. Ma è un lavoro che lo soddisfa poco. Alcuni anni dopo, eccolo
attrezzista teatrale. Ingegno e buona volontà, due doti indispensabili per farsi strada
nella vita, non gli mancano affatto. Si distingue in modo tale in questo suo nuovo
lavoro, che il Teatro Tacon Opera House deel'Avana (isola di Cuba) è disposto ad
assumerlo in qualità di soprintendente meccanico.
Che fare? Non dicono tutti che chi ha delle capacità può guadagnare in America molti
quattrini? E così il giovane fiorentino decide di partire.
Ma non si creda che Meucci si rechi in America con la sola intenzione di occupare il
nuovo posto: egli ha in mente ben altro. È da un po' di tempo che lo assilla un difficile
problema: quello cioè di riuscire a trasmettere a distanza la voce umana per mezzo della
corrente elettrica. Meucci ha capito che per arrivare a tanto bisogna trovare il modo di
trasformare le onde sonore prodotte dalla voce in elettricità e poi di nuovo l'elettricità
in onde sonore. Giunto all'Avana Meucci non si dà pace: ogni sera, dopo una giornata
di lavoro, compie ricerche e tenta nuovi esperimenti nel laboratorio che si è costruito
nella propria abitazione. Nel 1850, il Teatro Tacon viene distrutto da un incendio.
Proprio nel momento in cui Meucci ha maggior bisogno di denaro per proseguire gli
esperimenti, gli viene a mancare il lavoro. Ma l'ingegnoso fiorentino non si perde d'animo:
dall'Avana passa a Clifton, presso New York, e impianta una fabbrica di candele.
In breve tempo l'azienda prospera e Meucci può procurarsi i costosi materiali necessari
per continuare le sue ricerche.

La grande invenzione.

Ed ecco finalmente la ricompensa a tanti e tanti anni di studi, di sacrifici, di prove e
riprove: nel 1857, Antonio Meucci riesce a costruire un apparecchio elettrico con il
quale può trasmettere la voce umana a distanza. È questo il primo e vero e proprio
telefono (dal greco << tèle >>, lontano e << foné >>, voce, suono).
È dunque giunta la tanto sospirata ora di far conoscere al mondo la strepitosa invenzione.
Ma proprio nel momento in cui egli pensa d'impegnare tutti i guadagni che gli procura
l'azienda per sfruttare industrialmente la sua grande invenzione, la sfortuna si abbatte
sull'inventore fiorentino. Un infortunio sul lavoro, dovuto allo scoppio di una caldaia,
lo costringe a chiudere l'azienda tanto bene avviata. Da questo momento comincia per
Antonio Meucci l'affannosa ricerca di capitali, senza i quali non gli è possibile dimostrare
il valore pratico della sua grande invenzione. Si rivolge ad amici, cerca in ogni modo di
interessare al suo caso persone facoltose, ma non riesce a ottenere nemmeno il più piccolo
finanziamento: nessuno è disposto a procurargli il denaro necessario per continuare degli
esperimenti che pure sono iniziati sotto i migliori auspici.
Si arriva così al 1871, a quasi vent'anni dalla realizzazione del telefono, senza che Antonio
Meucci abbia potuto far conoscere al mondo intero la sua invenzione.
<< Perché >> non assicurarsi almeno il brevetto d'invenzione? >> gli suggeriscono gli
amici più fidati e previdenti. << Sono ormai passati troppi anni e chissà che a quest'ora
qualcun altro non stia per giungere alla medesima invenzione! >> risponde Meucci.
Il 28 dicembre 1871, però, Antonio Meucci, seguendo i consigli degli amici, si presenta
all'Ufficio Patenti di Washington dove, dietro versamento di una somma (i suoi ultimi
risparmi), gli viene rilasciato un brevetto della durata di due anni.
Ciò gli assicura che fino a tutto il 1873 nessuno può permettersi di fabbricare un apparecchio
simile al suo. Ma ora non c'è proprio più tempo da perdere: entro questi due anni bisogna
riuscire a trovare ad ogni costo la maniera per dimostrare al mondo l'utilità pratica del telefono.

L'inganno.

Quando, dopo mesi e mesi di inutile attesa, l'inventore italiano si ripresenta al signor Grant,
l'attende una notizia incredibile: viene a sapere che tutti i suoi preziosi incartamenti sono
andati perduti. È proprio vero quello che dice il direttore della Compagnia, oppure ha i
suoi buoni motivi per mentire? Ma la sfortuna non ha ancora smesso di accanirsi contro
Meucci. Nel 1876, tutti i giornali americani danno una sensazionale notizia: il professor
Graham Bell di New York ha inventato il telefono! Come poteva accadere una così grave
ingiustizia? Semplicissimo: versando una forte somma al direttore della Compagnia del
telegrafo, il professor Bell si era fatto consegnare gli incartamenti del Meucci ed era volato
all'Ufficio Patenti di Washington a chiedere il brevetto per il telefono.
Ma il brevetto per tale apparecchio non era già stato rilasciato nel 1871 ad Antonio Meucci?
Esatto: ma il povero Meucci, per mancanza di mezzi, non lo aveva rinnovato e il brevetto
era ormai scaduto! << È un'invenzione italiana e non c'è oro al mondo che la possa
americanizzare! << esclama il povero Meucci a quella tremenda notizia. E decide di
lottare ancora per far trionfare la giustizia. Fa scrivere allora sui giornali come sono
andate le cose. La notizia fa un tale clamore che tutti i giornali di New York si occupano
della questione. Ci sono quelli che parteggiano per l'americano e gli altri che difendono
l'inventore italiano. È tale l'interessamento del pubblico alla faccenda che persino il
Presidente degli Stati Uniti vuole vederci chiaro.
Si ricorre ai tribunali. Per ben cinque anni dopo il processo, ma alla fine la verità riesce
a farsi strada.

Poca gloria e niente quattrini.

Nel 1886 la Suprema Corte Federale americana riconosceva ad Antonio Meucci l'invenzione
del telefono. Era un riconoscimento; ma dov'era la gloria che il povero Meucci aveva sognato
per più di trent'anni? In quanto a quattrini, poi, neanche l'ombra!
Il brevetto, scaduto da un pezzo, non dava il diritto a Meucci di poter sfruttare economicamente
la sua invenzione. E così, mentre il professr Bell, al quale era stato concesso di fondare una
Compagnia telefonica intestata al suo nome, guadagnava migliaia di dollari, Antonio Meucci

moriva povero e quasi dimenticato.

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