La pena del sacco e il supplizio dei parricidi.
La pena del sacco e il supplizio dei
parricidi.
Il supplizio più
terribile del diritto romano più antico era la pena riservata a
colui che uccideva il proprio genitore. La procedura, molto
complicata e insolitamente precisa, prevedeva che il condannato a
morte calzasse un paio di zoccoli di legno, avesse il capo coperto da
un cappuccio di pelle di lupo e fosse frustato con verghe speciali
color rosso sangue, dopo la fustigazione, il parricida veniva
rinchiuso in un sacco di cuoio a tenuta stagna insieme a quattro
animali. Gli animali erano un cane, un gallo, una vipera e una
scimmia; il sacco andava poi buttato in mare o nel corso d'acqua più
vicino. La tradizione assegna l'introduzione di questo supplizio
singolare (chiamato “poena cullei”, la “pena del sacco”) a
Tarquinio il superbo, che lo sperimentò per la prima volta
con il decemviro Marco Atinio, colpevole di aver divulgato i segreti
dei sacri riti civili.
Dopo quella prima
esecuzione, il sacco fu usato per punire i colpevoli di
parricidio.
Gli elementi della
punizione del parricida hanno tutti un significato simbolico, che
non è sempre facile da individuare. Gli animali avevano
sicuramente una funzione simbolica: contrariamente a quanto pensiamo
noi (e nonostante qualche rara eccezione, come l'episodio omerico del
fedele cane Argo che dopo vent'anni riconosce il padrone Ulisse), il
cane per i Greci e per i Romani non era un animale simpatico e
fedele, ma una bestia immonda e vile; nella letteratura scientifica
degli antichi, i piccoli delle vipere avevano la
caratteristica di divorare la madre subito dopo la nascita (e questo
alludeva chiaramente alla colpa del parracida); il gallo, sempre
secondo gli antichi, uccideva le serpi, e la sua presenza
riproduceva, all'interno del sacco, la violazione della convivenza
civile che il parracida aveva infranto nella città; la scimmia
era considerata una caricatura dell'uomo, il suo volto bestiale.
Anche il rituale dell'esecuzione aveva un chiaro significato:
il cappuccio di pelle di lupo indicava l'esclusione del parracida
dalla società umana e civile; gli zoccoli di legno, separazione tra
i piedi del reo e il suolo, impedivano a chi si era macchiato di un
delitto orrendo di contaminare la terra; le verghe color rosso sangue
appartenevano a una pianta, la “cornus sanguinea”, che era
considerata un albero “infelix”, di cattivo augurio, il sacco di
cuoio proteggeva l'aria, l'acqua e la terra dal contatto con
l'immondo parracida. Il motivo di una simile punizione non è
difficile da indovinare. La società romana era fondata sul
predominio assoluto del “paterfamilias”
che aveva un
controllo incondizionato sui figli e su tutti i membri della
famiglia; gli antichi Romani ritenevano inoltre che, di tutti gli
uomini, solo i padri avessero un “genius” una divinità
protettrice della loro persona. Per una città caratterizzata dal
culto dei padri, non poteva esistere delitto più terribile
dell'uccisione di un genitore.
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